22 ottobre 2012

Malapolitica e questione istituzionale



 di GIANVITO MASTROLEO
 (Pubblicato da Corriere del Mezzogiorno del 21 ottobre 2012)

Quello che accade sul riordino istituzionale, se non paradossale, appare del tutto inefficace perché in sede nazionale, ma anche locale, sia assicurata più Democrazia.
L’emergenza dello spending review o della necessità di fronteggiare i vari casi di mala-politica e l’abuso di autonomia negli enti locali, regioni comprese, inducono a ricorrere alla legislazione di emergenza, com’è accaduto altre volte: per terrorismo e mafia, per sistemi elettorali e ordinamento delle autonomie locali (controlli, elezioni dirette, ma soprattutto poteri relativi) nel 1993 ai primi bagliori della tangentopoli d’allora.
Le cosiddette “riforme Bassanini”, da non considerare “sciagurate”, furono il frutto della stagione della Repubblica delle Autonomie e della sua cultura del Federalismo e dell’anti-centralismo a lungo maturata all’interno dei partiti e del sapere accademico: solo che stanno producendo effetti  quando invece la pre-condizione è del tutto cambiata.
Il senso della unitarietà dello Stato e dell’interesse generale, il suo ruolo nei processi di sviluppo democratico dovrebbero essere sempre a fondamento delle azioni e dei comportamenti ai vari livelli di governo e invece sono in discussione. I partiti hanno perso la funzione di rappresentanza della società, l’eletto esercita la sua delega più che in nome collettivo, come un potere autonomo che via via genera sempre più personalismo, individualismo, populismo.
L’interesse  per il territorio dell’eletto prevale rispetto a quello generale; il localismo, che l’elezione diretta ha esasperato in conseguenza del bisogno di consenso prevalentemente personale, ha preso il sopravvento; il diritto-dovere d’opposizione è esercitato in funzione solo di un veto.
Un insieme affermatosi nel Paese, come in sede locale, sicchè paradossalmente (speriamo di nò, naturalmente!) la Regione Puglia, abdicando alla precipua funzione di concorrere attivamente al riordinamento istituzionale, per non dispiacere, potrebbe prendersi  il lusso di non decidere, per dirla con Franco Botta; mentre esponenti di regioni del nord, che in questo momento avrebbero dovuto scegliere la via del silenzio, teorizzano con le macro-regioni, la morte del federalismo, come antidoto ad una gestione a dir poco disinvolta.
Di macro-regioni si parlò già a ridosso del loro avvento nei primi anni ’70, ma con argomenti e una spinta culturale ben distanti dalle miserie dell’abuso di autonomia dei gruppi consiliari:  quando il centro sinistra (se ne conservano tuttora gli atti), con Antonio Giolitti a capo della programmazione, pensava, fra l’altro, alle autostrade dei mari adriatico e tirreno per lo sviluppo dell’economia, dei servizi pubblici, per il divario nord-sud e per fronteggiare il dissennato sviluppo del trasporto su gomma di uomini e merci.
La risposta alla crisi di oggi, perciò, non è la legislazione d’emergenza, che ancora una volta non darebbe buoni risultati e risulterebbe vana, mettendo solo in discussione valori e principi che vengono in particolare dalla grande tensione ideale e culturale dei nostri Costituenti, ma una nuova stagione costituente a tutti i livelli: lo Stato come le Regioni.
In Puglia, presto oggetto di un vero terremoto istituzionale, d’intesa con la cultura, la politica dovrebbe pensare ad una forte iniziativa per analizzare tutte le questioni inerenti l’assetto delle istituzioni, e relativi poteri e funzioni, da consegnare al nuovo governo.
Nello Stato, affidando ad un’Assemblea Costituente la revisione della seconda parte della Costituzione, ma all’interno di un disegno organico che assicuri più Democrazia anziché la sua regressione, come sta accadendo.
Un’idea che si spera possa interessare chi si prepara, o si sia già candidato a qualcosa.